E’ noto che a seguito della c.d. riforma Madia (prima con la legge n. 124/2015 e poi con il d.lgs n. 91/2016) si è superata la c.d. pregiudiziale penale, che imponeva la sospensione del procedimento disciplinare già avviato (o ne impediva l’avvio) in relazione a fatti per i quali fosse stata esercitata l’azione penale, fino alla definizione dei relativi giudizi.

Oggi, il nuovo testo dell’art. 1393 c.o.m. dispone infatti chiaramente che “il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, è avviato, proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale”.  Ciò pur con tutta una serie di precisazioni: il procedimento disciplinare è infatti sospeso fino al termine di quello penale se l’autorità militare non dispone di elementi probatori sufficienti (per fatti che prevedono le sanzioni più gravi) ed in ogni caso quando i fatti contestati siano stati compiuti nell’adempimento di obblighi e doveri di servizio, facendosi comunque sempre salva la possibilità di sospensione precauzionale dall’impiego ex art. 916.

Fermo restando tale principio generale, si è posto tuttavia in una serie di casi innanzi ai giudici amministrativi il problema di stabilire se il nuovo testo della norma in questione (e dunque il principio fondamentale del superamento della pregiudiziale penale, da essa affermato) fosse applicabile anche a fatti penalmente e disciplinarmente rilevanti compiuti prima dell’entrata in vigore della riforma.

La giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Campania, 28.6.2017, n. 4306; T.A.R. Lombardia – Milano, 7.4.2016, n. 853) ha ritenuto che il nuovo art. 1393 c.o.m. debba applicarsi anche a queste ipotesi, dovendosi fare riferimento ai fini dell’individuazione della normativa applicabile, non al momento della consumazione dell’illecito, ma a quello dell’avvio del procedimento disciplinare.