Con la sentenza n. 1824 del 5 maggio 2015 (a tutt’oggi punto di riferimento sul tema), il Consiglio di Stato ha chiarito che l’errore di fatto idoneo a fondare la domanda di revocazione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 106 c.p.a. e 395 n. 4, c.p.c., deve caratterizzarsi per la simultanea presenza di tre requisiti:
a) discendere da una mera errata od omessa percezione del contenuto materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto fattuale, ritenendo così un fatto documentale escluso, ovvero inesistente un fatto documentale provato;
b) concernere un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato;
c) avere avuto carattere determinante in ordine alla decisione da revocare, dovendo perciò ricorrere un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa (cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. IV, 14/5/2015 n. 2431).
L’errore deve, inoltre, apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche (Cons. Stato, Sez. IV, 13/12/2013, n. 6006).