Vincoli storico-artistici, ambientali e paesaggistici: discrezionalità tecnica della p.a. e limiti del sindacato del giudice amministrativo

Nella materia urbanistica – com’è noto – la pubblica amministrazione gode di poteri discrezionali estremamente ampi.

La giurisprudenza è unanime sul punto.  In Cons. Stato, sez. IV, 26 febbraio 2015, n. 962, ex multis, si legge in proposito che “le scelte compiute dall’Amministrazione in sede di variante di piano regolatore sono espressione dell’ampia discrezionalità tecnica di cui essa dispone in materia e dalla quale discende la loro sindacabilità solo nei ristretti limiti costituiti da manifesta illogicità, arbitrarietà ed evidente travisamento dei fatti” (negli stessi termini, ad esempio, Cons. Stato, Sez. IV, 22 maggio 2014, n. 2649; Id., 25 novembre 2013, n. 5589; Cons. Stato, sez. IV, 27 dicembre 2007, n. 6686; T.A.R. Toscana, sez. II, 4 maggio 2011, n. 776).  L’indirizzo è risalente nel tempo alla celebre Cons. Stato, ad. plen., 22 dicembre 1999, n. 24.

A fronte della suddetta discrezionalità, la posizione del privato proprietario dell’area su cui incidono i provvedimenti (generali o particolari) della p.a. è assolutamente recessiva, risolvendosi in una mera aspettativa, giuridicamente tutelata come legittimo affidamento solo nel caso in cui il procedimento (ad esempio, per il rilascio del permesso di costruire) sia giunto a stadi avanzati e ben determinati.  Tra questi la giurisprudenza ha individuato il “superamento degli standard minimi di cui al D.M. 2 aprile 1968; la stipula di convenzioni di lottizzazione o di accordi di diritto privato con il Comune, o il supraggiungere di giudicati di annullamento o del silenzio rifiuto su un’istanza di concessione” (T.A.R. Toscana, sez. I, 13 gennaio 2014, nn. 49 E 50).

I suddetti poteri discrezionali sono ancora più marcati nel caso dell’esercizio delle prerogative ricondotte all’alveo della c.d. discrezionalità tecnica (in questo ambito, si pensi alle valutazioni preordinate alla tutela del paesaggio, dell’ambiente e dei valori storico-artistici).  In tali casi, in cui la p.a. applica alle proprie scelte criteri tecnico-scientifici, i poteri del giudice (e con essi le possibilità di contestazione della legittimità dell’atto da parte dei privati che si reputino ingiustamente danneggiati) sono ancora più circoscritti, trovandosi limitati all’eventuale accertamento, oltre che delle suddette ipotesi macroscopiche di illegittimità, della applicazione da parte della p.a. di uno tra i criteri scientifici messi a disposizione dallo stato delle conoscenze nel momento in cui la determinazione è stata assunta. E’ rigorosamente esclusa ogni possibilità per il giudice di sostituire la propria valutazione (o quella di un c.t.u. da esso stesso nominato) a quella compiuta dal soggetto pubblico.

Nel dettaglio, con riferimento alle valutazioni relative al valore storico-artistico di un’area o di un bene, si è stabilito che “la declaratoria del particolare interesse archeologico di un immobile si fonda su un giudizio che attiene alla discrezionalità tecnica della pubblica Amministrazione ed è sindacabile in sede di legittimità solo per difetto di motivazione o per erroneità o illogicità, ovvero per inattendibilità della valutazione in base allo stato delle conoscenze” (così in T.A.R. Toscana, Sez. III, 16 ottobre 2012, n. 1620; negli stessi termini, Cons. Stato, Sez. VI, 14 ottobre 2015, n. 4747).

Con riguardo alle valutazioni in materia paesaggistica ed ambientale, negli stessi termini, si veda Cons. Stato, Sez. IV, 11 ottobre 2017, n. 4706, in cui si afferma che “le valutazioni di incidenza ambientale sono espressione di un apprezzamento tecnico-discrezionale riservato all’Amministrazione, come tale non sostituibile da giudizi operati dal privato e sindacabile dal G.A. soltanto ab extrinseco, ossia limitatamente al riscontro di palesi profili di irragionevolezza ovvero di evidenti errori di fatto, dunque senza penetrazione del nucleo vivo delle scelte di tutela ivi espresse”.

Certo, quanto alla tutela dei privati interessati, questo non significa – né potrebbe significare – che sia ineluttabile la necessità di rassegnarsi all’arbitrio della p.a.; tuttavia, si dovrà essere consapevoli del fatto che le possibilità di sollevare vizi di legittimità dell’atto – pur astrattamente configurabili – sono ridotte, e per questo devono essere selezionate accuratamente da chi abbia maturato un’esperienza costante nella materia, in modo da far sì che le possibilità di accoglimento del ricorso aumentino.

 

urbanistica avvocato Firenze

 

 

 

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