In tema di appalti pubblici, il termine (breve) per impugnare l’aggiudicazione decorre dalla relativa comunicazione. E’ quanto ha ribadito il Consiglio di Stato in una recente pronuncia (Cons. Stato, sez. V, 10 giugno 2019, n. 3879).
Deve categoricamente escludersi dunque che tale termine prenda a correre dal momento successivo, in cui la stazione appaltante abbia concluso positivamente la verifica del possesso dei requisiti in capo all’aggiudicatario.
A nulla rileva dunque al riguardo il fatto che sia soltanto da tale ultimo momento che l’aggiudicazione divenga (come si soleva dire) definitiva ed acquisti piena efficacia.
Osservano a tale proposito i Giudici di Palazzo Spada che l’art. 120, comma 5, c.p.a. è chiaro nel prevedere espressamente che il dies a quo per l’impugnazione dell’aggiudicazione debba coincidere con la comunicazione dell’aggiudicazione stessa, di cui all’art. 76, comma 5, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016.
Oltre all’interpretazione letterale delle norme in gioco, rileva inoltre la circostanza per cui la suddetta verifica del rispetto dei requisiti per l’aggiudicazione (di cui all’art. 32, c. 7, d.lgs n. 50/2016) incida solo sull’efficacia dell’aggiudicazione stessa ed in particolare sulla possibilità – esclusivamente nel rapporto tra la committente e l’aggiudicatario – di addivenire alla stipula del contratto.
Il ricorso diretto ad impugnare l’aggiudicazione, che sia notificato oltre la scadenza suddetta, di 30 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, deve dunque considerarsi senz’altro irricevibile.