Licenziamento disciplinare: il procedimento

Per licenziamento disciplinare si intende l’atto unilaterale a carattere sanzionatorio disposto dal datore di lavoro nei confronti del lavoratore, nel caso in cui questo, con la sua condotta, violi determinate norme di legge, dei contratti collettivi o ancora il codice disciplinare interno all’impresa.

Con il termine licenziamento disciplinare si fa riferimento dunque sia al licenziamento per giustificato motivo soggettivo (art. 3 della legge 604 del 1966: “Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”) – ovvero al licenziamento con preavvisodeterminato da un notevole inadempimento del lavoratore dei propri obblighi contrattuali – sia al licenziamento per giusta causa (di cui all’art. 2119 c.c.: “Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto a tempo indeterminato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto”), determinato da un comportamento del lavoratore talmente grave da non consentire la prosecuzione, neppure temporanea, del rapporto di lavoro.

Sia il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, sia il licenziamento per giusta causa (come chiarito da tempo dalla Corte di Cassazione), possono essere intimati soltanto previo rispetto di apposito procedimento, detto appunto disciplinare, di cui all’art. 7 della legge n 300 del 1970 (c.d. Statuto dei lavoratori).

Sono peraltro salve le eventuali diverse disposizioni contenute nel contratto collettivo applicato dal datore.

Il rispetto del procedimento disciplinare è richiesto al datore indipendentemente dal requisito dimensionale, potendo dunque questi impiegare anche un numero di lavoratori non superiore alle quindici unità.

In sintesi, secondo la disciplina dello Statuto dei lavoratori, il datore di lavoro è tenuto a contestare in modo puntuale il comportamento del lavoratore e di seguito ad invitare quest’ultimo a fornire le proprie giustificazioni entro il termine di cinque giorni: soltanto allora potrà procedere a comminare la sanzione ed eventualmente, appunto,quella del licenziamento disciplinare.

Più nel dettaglio l’art. 7 della legge n. 300 del 1970 ha il seguente contenuto:

Le norme disciplinare relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di essere può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono applicare quanto in materia è stabilito da accordi e contratti di lavoro dove esistano.

ll datore di lavoro non può adottare alcune provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa.

Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.

Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni.

In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale, non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa.

Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di lavoro e ferma restando la facoltà di adire l’autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo dell’associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato, la costituzione, tramute l’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell’ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio.

Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall’invito rivoltogli dall’ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio di cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l’autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio.

Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione”.

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