La presenza di una situazione di conflitto familiare può essere motivo sufficiente a legittimare il provvedimento di revoca cautelare del porto d’armi, e ciò anche se gli interessati non vivono più insieme, perché ormai ex coniugi o ex conviventi.
Lo ha stabilito il Consiglio di Stato – Sez. III, con la recente sentenza 11 giugno 2018, n. 3502, peraltro confermando la pronuncia emessa in primo grado dal T.A.R. Toscana, che già aveva respinto il ricorso presentato da un cacciatore fiorentino.
Argomentano i Giudici di Palazzo Spada che “la possibilità che tali conflitti possano sfociare in aggressioni è sufficiente a legittimare il provvedimento”, da intendersi come misura necessaria anche se gli interessati non convivono più ormai da ben 7 anni, posto che la presenza di figli impone loro di continuare a relazionarsi.
Di certo, la prudenza non è mai troppa. Ma non è possibile pretendere di ricavare da un simile caso un principio di carattere generale.
Piuttosto, non può che ribadirsi che anche in questa materia risulta imprescindibile una valutazione caso per caso, con tutto ciò che ne consegue in relazione a possibili oscillazioni decisorie dovute alla diversa sensibilità personale dei singoli giudici che di volta in volta si trovano a doversi pronunciare.