E’ noto che il C.I.D., o più correttamente il modello C.A.I. – constatazione amichevole di incidente -, è un modello che gli automobilisti possono utilizzare quando rimangono coinvolti in un incidente con un altro veicolo, per poter agevolmente descrivere la dinamica del sinistro.
Ma che valore ha il C.I.D.?
Il C.I.D. ha valore di confessione e piena prova tra le parti. Ma non vincola le assicurazioni, che possono decidere di non procedere al risarcimento secondo quanto ivi riportato, se, sulla base dei loro accertamenti, ritengono che quanto riportato sul modello non corrisponda a verità. E neppure vincola il giudice, che potrà disporre una consulenza tecnica d’ufficio.
A tale riguardo, la giurisprudenza ha a più riprese precisato che “la dichiarazione confessoria contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro ( c.d CID), resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato e – come detto – litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all’art. 2733, terzo comma, cod. civ., secondo la quale, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è, per l’appunto, liberamente apprezzata dal giudice” (nello stesso senso, ex multis, cfr. Cass., n. 20352/2010).
Per l’effetto, deve attribuirsi al C.I.D. valore probatorio presuntivo, e nella specie di presunzione relativa, superabile mediante prova contraria. Lo hanno del resto ribadito le Sezioni Unite Civili della Cassazione, con la sentenza 5 maggio 2006, n. 10311, in cui si legge al riguardo che ” il modulo CID (…) genera una presunzione iuris tantum valevole nei confronti dell’assicuratore, e come tale superabile con prova contraria (…)“, e che “tale prova può emergere non soltanto da un’altra presunzione, che faccia ritenere che il fatto non si è verificato o si è verificato con modalità diverse da quelle dichiarate, ma anche da altre risultanze di causa, ad esempio da una consulenza tecnica d’ufficio“.
Il C.I.D. ha invece valore di piena prova per le dichiarazioni confessorie ivi rese dal conducente che non sia anche proprietario del veicolo. Questo infatti non rientra tra i litisconsorti necessari cui fa riferimento l’art. 2723, c. 3, c.c. (tale qualifica deve riconoscersi solo in capo al proprietario del veicolo ed alla compagnia di assicurazioni).
Tanto conisderato, deve precisarsi che, anche nelle ipotesi sopra menzionate, in cui il C.I.D. ha valore solo presuntivo, se la dinamica riportata nel modulo non è anomala, le assicurazioni tendono comunque ad attenersi a quanto in esso riportato (soprattutto in presenza della doppia firma delle parti coinvolte); in ogni caso, poi, la prova contraria spesso non è affatto agevole da fornire.
Pertanto, anche al di là di quanto si è osservato in punto di stretto diritto a proposito del valore probatorio del documento in questione, dovrà sempre farsi estrema attenzione nel compilarlo per non incorrere in spiacevoli conseguenze.